Era il primo di gennaio 1995. Attraverso la lettura di un libro scritto da una famosa attrice, Shirley Maclaine , diva che non avevo mai nemmeno considerato in veste di scrittrice ma di cui ebbi modo di scoprire il valore, ho appreso un concetto che avrebbe cambiato, per sempre, la mia vita! Sia per i contenuti sia per l’apertura che diede ai miei pensieri, scoprii tra le righe di “La fuori su un ramo”, che la mia anima, unita indissolubilmente a quella di tutti gli altri uomini, formava un’immensa energia che noi chiamiamo Dio. Quel giorno compresi di essere una parte di Dio e capii una cosa altrettanto importante. Attraverso la lettura e la frequentazione di persone che avessero compiuto determinati percorsi di vita, avrei potuto migliorarmi e trovare la forza di attraversare difficoltà che, fino ad allora, non avevo mai pensato di riuscire a superare. Potevo migliorarmi, ovvero, ero in grado di mettere in atto dei processi grazie ai quali, giorno per giorno, riuscivo a cresce, a migliore. Decisi allora di condividere quanto avevo appreso. Di lì nacque la scintilla che diede alla luce “Oggi ho scoperto di essere Dio”. Il suo contenuto non voleva essere altro che un invito a percorrere strade non ancora percorse, ad esplorare zone di noi che ancora non conosciamo perché, in esse possiamo, trovare strumenti che non sappiamo nemmeno d’avere e che possono modificare profondamente ed in meglio il nostro cammino nei viali dell’esistenza. Inizialmente ebbi tanti dubbi, soprattutto perché non avevo mai scritto un libro ma anche, perché temevo che lo scritto, una volta terminato, potesse apparire come un’opera di presunzione. La mia bassa autostima di allora continuava ad alzare dubbi in tutte le direzioni. Decisi ugualmente di scriverlo perché compresi di aver trovato qualcosa di grande, anzi, grandioso. L’intuizione alla quale la Maclaine mi aveva condotto aveva impresso una svolta molto forte alla mia esistenza. Non raccontare ciò ch’era accaduto era come negare agli altri la possibilità di migliorarsi, di cambiare in meglio la propria esistenza. Non potevo negare agli altri la possibilità di crescere. Non potevo nemmeno lasciar appassire dentro me quella conoscenza. Quel giorno è cominciato il mio cammino nella formazione e, dopo quel momento, non si è mai interrotto.
Se, dapprima, vedevo la formazione come qualcosa alla quale partecipare sporadicamente per migliorare i miei atteggiamenti, da quel momento, essa divenne parte integrante del mio quotidiano. Lo divenne anche il mio desiderio di trasferire agli altri ciò che apprendevo. Ad alimentare questo desiderio vi era il modo con cui osservavo il mondo. Vedevo solo gente che viveva nell’affanno, nella rabbia, nell’ansia. All’inseguimento cieco ed ostinato di un miglioramento della propria esistenza ottenuto nella maggior parte dei casi a scapito di qualche altro essere umano. In tutto questo non c’era un’etica. Non si trovava traccia del rispetto dell’altro, della sua dignità, dei suoi valori.
Compresi che se le persone avessero avuto la possibilità di vedere ciò che io avevo già visto, avrebbero trovato una più alta consapevolezza di Sé. In questa consapevolezza avrebbero trovato un maggior rispetto di Sé e delle persone che incontravano sul loro cammino.
Avrebbero dato un peso differente alle loro parole e al loro agire. Dovevo migliorarmi ogni giorno per essere in grado di trasferire in modo corretto la mia conoscenza agli altri: questo avrebbe costruito un mondo migliore.
I miei primi approcci all’insegnamento passarono attraverso discipline, cosiddette, “spirituali”: Reiki e Meditazione. Intrapresi il cammino che mi portava ad essere Master Reiki e, rispettando i tempi imposti da colui che riportò alla luce questa tecnica, il dottor Mikao Usui, giunsi all’insegnamento. Mi ritrovai, profondamente emozionato, dinanzi a una folta platea di partecipanti intenzionati a comprendere come si potesse guarire con l’imposizione delle mani. Ancora oggi mi chiedo se fossi più emozionato io oppure loro. Il ghiaccio era rotto, il primo passo era compiuto. Mi sono sempre rifiutato di definire “insegnamento” ciò che stavo compiendo. La ritenevo una vera e propria missione. Mi sentivo come uno strumento nelle mani dell’Universo. Fu il tempo a darmi conferma dell’esattezza di quel che facevo. Incontrando, dopo qualche mese, i partecipanti ai miei corsi, li vedevo profondamente cambiati. Sembravano rifioriti: avevo acceso in loro la consapevolezza di essere migliori di quanto avessero sempre pensato o di quanto gli altri li avessero indotti a pensare di valere. Ritenevo tutto questo un premio per il mio lavoro. Durante i corsi mi sentivo come seduto su una nuvola, sospeso in una pace e un benessere infiniti. Mi sentivo un privilegiato nel poter compiere un qualcosa che sentivo appartenermi totalmente. Nella quiete interiore trovavo l’ispirazione e le parole per guidare persone che non conoscevano mentre contattavano emozioni che avrebbero cambiato per sempre la loro esistenza. Consegnandogli gli strumenti per rendersi indipendenti gli riconsegnavo la loro libertà svincolandoli per sempre da chi li voleva dipendenti e sotto controllo. Se, allora, mi avessero chiesto “perché fai i corsi?”, non avrei trovato le parole che sono in grado di usare adesso. Ora, con una più chiara lucidità, rispondo: “Faccio corsi perché, così, disegno il mondo che vorrei”. Vorrei un mondo di persone maggiormente consapevoli di Sé e di chi le circonda.
Per questo, ho deciso di scrivere OGNI GIORNO, e raccontare il mio cammino, le mie esperienze. Tutto ciò affinchè, ognuno, possa trovare, tra le parole, ciò che gli serve per "liberarsi".
Vi saluto e vi abbraccio. Ci vediamo domani.
"Tutto accade, adesso". Luca
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